I dispositivi di sorveglianza che abbiamo scelto volontariamente – i nostri smart device – tracciano ogni nostro movimento, voce, sguardo e tocco. Gli algoritmi che li alimentano sono diventati più bravi di noi nel soddisfare i nostri presunti desideri. Ma allo stesso tempo, soddisfano anche le nostre più grandi paure.
I sistemi di ricompensa e controllo psicopolitici si riflettono nei processi somatici dei tessuti, degli organi, del corpo e, non da ultimo, nella performance dell’artista.
In uno spettacolo teatrale che combina stand-up comedy, Elon Musk e la psicopolitica di Byung-Chul Han, Jan Rozman, come molti altri uomini in crisi, intraprende un viaggio alla scoperta di sé stesso, domandandosi: cosa c’è in me che non mi fa mai sentire abbastanza?

Jan Rozman (1991) è un performer e coreografo freelance attivo tra Lubiana e Berlino. La sua pratica artistica si occupa di corpi estesi, semiotica dei materiali, texture, lacune, errori e confusioni, ecologia, immaginazione, fantascienza (scientifica) e umorismo, alla ricerca di articolazioni performative rilevanti per l’era post-internet/antropocenica.
Emanat, Istituto per lo sviluppo e l’affermazione della danza e dell’arte contemporanea è stato fondato nel 2006 dalla coreografa, ballerina e pedagoga Maja Delak.